LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 24

 

10 aprile 2016 – 3^ Domenica del Tempo di Pasqua

Ciclo liturgico: anno C

 

Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo,

e ha salvato gli uomini nella sua misericordia.

 

Giovanni 21,1-19       (At 5,27-32 - Salmo: 29 - Ap 5,11-14)

 

 

Padre misericordioso, accresci in noi la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore.

 

 

  1. In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così:
  2. si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli.
  3. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
  4. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.
  5. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No».
  6. Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci.
  7. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare.
  8. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
  9. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.
  10. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora».
  11. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò.
  12. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore.
  13. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce.
  14. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
  15. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
  16. Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore».
  17. Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore.
  18. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
  19. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

 

Spunti per la riflessione

 

Liturgia del Cielo e della Terra

La Pasqua continua nella vita della Chiesa: i due momenti della salvezza (passione-risurrezione) sono costantemente presenti nel dinamismo di questa vita guidata dallo Spirito.

L’assemblea riunita: «sacramento di totalità»

La visione dell’apostolo Giovanni (cf seconda lettura) ci introduce in una solenne liturgia di lode: davanti al trono di Dio appare l’Agnello «ritto..., come immolato»: cioè nel doppio aspetto della passione e della risurrezione. In suo onore si leva un inno di acclamazione nel quale si fondono le voci del cosmo, degli angeli e dei santi che stanno davanti a Dio e, in seguito, degli uomini salvati, appartenenti a tutti i popoli della terra (cf Ap 7,9). La solenne azione liturgica assume così dimensioni veramente universali, per celebrare la salvezza pasquale operata da Dio e dal suo Cristo.

Ad essa si associa, qui sulla terra, la liturgia eucaristica che noi stiamo celebrando. Concretamente, l’assemblea liturgica è composta da persone diverse per situazioni di vita, provenienza sociale, livelli di fede e di interesse religioso, per ministeri e carismi ricevuti in vista del bene comune. Ma tutti siamo uniti nella medesima azione di lode che si svolge alla presenza del Cristo glorioso.

La celebrazione liturgica della nostra assemblea è così immagine e anticipazione dell’assemblea escatologica. E, nel medesimo tempo, è qui-adesso, nel momento della celebrazione stessa, «sacramento di totalità»: rappresenta e attua il «Cristo totale» che coinvolge i salvati di tutti i tempi, gli uomini di tutte le latitudini, gli spiriti celesti, i santi gloriosi e tutta la creazione.

La lode cosmica dell’Apocalisse si realizza oggi nell’assemblea celebrante, per rendere onore, gloria, testimonianza all’Agnello che ci ha redenti.

Salvati per annunciare la gloria del Risorto

Il senso pasquale della lode liturgica, il riconoscimento che la salvezza viene da Dio e da Colui che è stato crocifisso e risuscitato, devono trasparire anche dalla vita del cristiano e della comunità.

Nell’interrogatorio durante il quale gli apostoli vengono accusati di insegnare pubblicamente «nel nome» di Gesù, Pietro, a nome di tutti e forte della convinzione che lo Spirito è con lui, parla con franchezza e con forza, come testimone della risurrezione È una testimonianza non solo di parole ma di fatti, perché, dopo essere stati fustigati, tutti se ne vanno «lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù» (v. 41).

La stessa testimonianza di amore la ritroviamo sulle labbra di Pietro, inquadrata in una apparizione pasquale del Signore (cf vangelo, in particolare i vv. 15-17). Pietro salvato dal perdono del suo Maestro e Signore, Pietro che si getta in mare per raggiungere prima Gesù apparso sulla riva, Pietro che ripetutamente testimonia il suo amore per Cristo e viene costituito pastore del gregge...: non siamo di fronte ad una investitura di privilegi o di poteri, ma di fronte a una missione conferita in virtù di un rapporto di fede e di amore con Cristo risorto.

Questa logica vitale non riguarda soltanto Pietro e gli altri «pastori», ma tutti i cristiani, tutti coloro che, riconoscendosi salvati, credono nella missione salvatrice di Cristo e si sentono chiamati a diventare «salvatori» con lui. La redenzione non è terminata, si compie nel tempo; al di là delle sofferenze di questo mondo, e senza dimenticarle o rinnegarle, senza abbandonare la lotta contro di esse, crediamo nella vittoria del Risorto: all’alba di ogni giorno lo vediamo comparire sulle sponde della nostra esistenza; ogni giorno riprendiamo la lotta contro il male nelle sue varie forme, diventando così annunciatori e testimoni di risurrezione.

 

Testimoni nella città secolare

Il mondo è il luogo in cui il cristiano raggiunge e incontra i suoi fratelli percorrendo i loro stessi sentieri, anche se è portatore di una linfa che supera e sublima i dinamismi puramente terreni, per contribuire al loro rinnovamento. Ma «non basta essere illuminati dalla fede e accesi dal desiderio del bene per penetrare di sani principi una civiltà..., è necessario inserirsi nelle sue istituzioni». (Pacem in terris, 148).

Di fronte alle enormi sfide attuali: disoccupazione, condizioni difficili di lavoro, di salario, di abitazione, di salute, il cristiano sente il dovere di impegnarsi a fondo e non solo in strutture marginali. Egli non ha nulla della «gente bigotta» che fa la morale e le prediche ai suoi simili a ogni piè sospinto. Al contrario, vuoi essere piuttosto un uomo più umano degli altri, più preoccupato degli altri della difesa del più debole, della promozione collettiva, della realizzazione di una società più giusta e più fraterna. E qui che la sua fede e il suo amore prendono corpo ed egli diventa testimone di risurrezione per ogni essere umano, senza esclusioni.

 

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd. 

 

 

 

Esegesi biblica

 

Apparizione sul lago di Tiberiade (21, 1-25)

Questa apparizione è presentata dal principio alla fine come una “manifestazione”, cioè come una continuità tra il Gesù terreno (2,11, 17,6) e il Cristo glorificato.

La pesca miracolosa di Giovanni somiglia al racconto di Lc 5, 1-11. Le due narrazioni hanno in comune la menzione di una pesca notturna infruttuosa di Pietro e dei suoi compagni, l’intervento di Gesù che chiede di gettare le reti e il successo straordinario della pesca, il ruolo particolare di Pietro. Ma Luca ha posto l’episodio all’inizio del ministero galilaico, mentre Giovanni, inserendolo dopo la risurrezione, impernia il suo racconto sul rapporto di Pietro con Gesù e sulla sua riabilitazione dopo il rinnegamento.

Pietro deve esercitare il suo ministero di pastore nell’amore del Signore. Sull’esempio di Gesù buon pastore, che dà la vita per le sue pecore, lui deve pascere il gregge con amore e non con spirito di dominio.

La riabilitazione di Pietro dopo il suo tradimento è confermata dalla predizione della sua morte ventura. È interessante notare che questa menzione diretta del martirio di Pietro, è già avvenuta al tempo in cui si scriveva questa pagina.

In modo velato e attraverso la memoria di questo dialogo tra Pietro e il Risorto si fa riferimento anche alla morte del discepolo amato. È a questo punto che si pone la conclusione definitiva del vangelo (21,24-25). Queste ultime parole sono state aggiunte come una specie di autenticazione del vangelo dalla comunità di Giovanni, per affermare che il discepolo che Gesù amava è proprio il responsabile del vangelo.

Giovanni ha terminato la sua opera ma il vangelo rimane sempre aperto, spetta al lettore, a cui Gesù ha donato il suo Spirito e a cui ha assicurato che avrebbe potuto compiere “opere anche più grandi delle sue” (Gv 14,12) di scoprire la perenne novità della Parola.